Ho provato a descrivere in versi sicuramente non esaustivi, ma volutamente scanzonati, una condizione drammatica quale l’ odontofobia, molto frequente nel paziente odontoiatrico e che in tutti gli operatori del settore crea momenti di apprensione e di incertezza sulla governabilità del problema. Essa riguarda pazienti di ogni età, sesso e ceto sociale, con variabili che vanno individuate nell’habitat, livello di istruzione, soglia del dolore e della percezione del disagio, impotenza psico fisica alla soluzione di un problema. La prima risposta è la fuga, ma ben presto l’ammalato si rende conto che a furia di scappare da una gabbia all’altra, si trova in un labirinto senza uscita dove il pensiero diventa incubo e il dolore ingravescente moltiplica la rabbia. Se con gli adulti sani di mente non sempre si riesce a trovare un’intesa, provate a immaginare cosa succede quando un bambino di pochi anni entra in uno studio dentistico e si fa accomodare con un ordine indiscutibile sulla poltrona del riunito. Il piccolino sa che l’ unico modo di difendersi è serrare la bocca per impedire a tutti quegli strumenti di tortura, che gli pendono intorno come spade di Damocle, di conficcarsi tra i dentini. Stesso discorso, stesso film già visto con un adulto affetto da personalità semplice o con qualcuno traumatizzato in famiglia o peggio ancora da qualche collega ingenuo o frettoloso. Chiarito che l’odontofobia riguarda questi tre grandi gruppi di protagonisti cominciamo dagli adulti sani “Maggiorenni e vaccinati”: gli operatori, odontoiatra, chirurgo, igienista, assistente, ognuno per le proprie competenze, devono smussare le preoccupazioni spiegando le modalità degli interventi, il susseguirsi degli eventi, il funzionamento degli strumenti, i vantaggi della collaborazione, ascoltare pazientemente le narrazioni vecchie e nuove e offrire le soluzioni necessarie, magari incoraggiando il paziente a nuovi racconti e a nuovi piccoli passi nelle sedute successive. Per i più piccoli la soluzione è molto diversa: usare una poltrona camuffata e cavalcabile e munita di uno schermo che trasmette cartoni animati, assegnare punti e premi ad ogni apertura di bocca, dare l’impressione di obbedire ai comandi del bambino e vantare i risultati raggiunti davanti ai genitori, fare indossare una tutina di super eroe prima di fare una ortopanoramica. Per i pazienti più sensibili è consigliabile tenere a portata di bocca lo strumentario per la sedazione cosciente ed invitare un parente a stringergli una mano. Ma, sempre, in tutti i casi, quello che il paziente odontofobico deve apprezzare è la dolcezza nelle parole, nei modi e negli atti di tutti gli operatori dello studio odontoiatrico e, perché no, la copia di una poesia scritta apposta per lui.
Tancredi Di Cecilia